Recent Changes - Search:

CORSI ACCADEMIA BARI

  1. CA Triennio
  2. CA Biennio
  3. DV Biennio
  4. PAS 2014

ARTICOLI

CONFERENZE

APPLICAZIONI

edit SideBar

ProcessiDiIbridazione

Innesti possibili


Slides della quinta lezione (tasto destro per scaricarle)

Link alla lista infinita delle correnti e generi artistici intorno all'innesto tra arte e computer

La Computer Art è l’innesto dell’Arte sull’albero del Computer avvenuto appena i primi germogli del cervello elettronico si affacciavano su questo pianeta. Eravamo a cavallo delle due Guerre Mondiali e per la prima volta un computer iniziava a funzionare veramente.
All’origine della Computer Art c’è il desiderio degli stessi costruttori del computer di giocare insieme alla nuova macchina per conoscerla e farla conoscere meglio. I primi computer erano utilizzati da pochissime persone poi chiamati programmatori mentre i risultati delle elaborazioni erano letti principalmente da governanti e generali. Il computer era utilizzato come un’arma capace di sopportare i complessi calcoli che hanno modellato le sorti della Seconda Guerra Mondiale. In quel preciso momento storico nessuno aveva il tempo di giocare eccetto gli stessi governanti coinvolti nel gioco crudele della guerra. Gli sforzi economici di quel periodo sono stati la linfa vitale affinché germogliasse il seme del computer in quello che conosciamo oggi come nuovo media di comunicazione. Allora era ancora percepito come un media di mera elaborazione numerica che andava programmata con un linguaggio comprensibile dalla macchina.
Il Bambino Calcolatore - così chiamava la sua macchina universale Alan Turing - durante la guerra ha imparato a decifrare codici complicatissimi per ogni essere umano, ha imparato a prevedere la posizione di un aereo in volo con qualche secondo di anticipo, ha imparato a conoscere i nomi di tutti i deportati dei campi di concentramento, ha imparato a trattenere e libera l’energia misteriosa di materiali come il plutonio e l’uranio, ha imparato le orbite del sole e delle stelle, il movimento delle nuvole e delle maree. Mentre faceva ancora fatica a respirare poiché i programmatori passavano il tempo a capire prima come far funzionare il nuovo cervello elettronico e poi a programmarlo secondo una lingua comprensibile ad entrambi: l’uomo e la macchina. Su questo binomio si è giocata la Rivoluzione Informatica che, ancora in corso, sta ridisegnando ogni giorno il nostro modo di percepire lo spazio, il tempo e la vita.
I cambiamenti di paradigma si rincorrono in tutti i campi dell’esistenza umana mentre l’esistenza umana rincorre col fiatone i nuovi paradigmi. Un paradigma è la parola distintiva di una generazione, è la tangente in diversi punti della curva evolutiva del genere umano, è il carattere di un’epoca storica, è il numero di Rayngold che indica il passaggio da uno stato di quiete ad uno di turbolenza, è per assonanza simile a un dogma ma se il dogma è l’imposizione della parola, al contrario il paradigma è la parola che si impone e diventa il seme dell’evoluzione di un’idea. Da quando l’esistenza umana ha conosciuto l’oralità, i cambiamenti rivoluzionari si sono succeduti ad intervalli di tempo sempre più brevi, fino ai nostri giorni che sembrano essere una rivoluzione quotidiana in termini di spazio, tempo e vita. Finita la Grande Guerra inizia quel lungo periodo storico conosciuto come Guerra Fredda che dagli anni cinquanta arriva dritto contro il Muro di Berlino sul chiudersi degli spumeggianti Anni Ottanta. Periodo in cui assistiamo al rifiorire dell’Arte come qualità applicabile sia alla tradizione del bell’artista sia al prodotto dell’industria. Se Marcel Duchamp aveva infranto la frontiera dell’imitazione che aveva guidato le rappresentazioni visive dell’Occidente, con il Vaticano in prima fila dall’epoca dei Romani, e se Andy Wharol si accorge che l’Arte può essere popolare come un prodotto dell’industria, allora l’innesto tra le arborescenze dell’Arte ed il giovane albero del Computer avrebbe sicuramente portato frutti inattesi. E così è stato.
L’Arte del Computer è di infrangere frontiere, o meglio ancora di crearne di nuove. Il giovane ramo della Computer Art si nutre dell’originale linfa del sistema dell’Arte che in piena Guerra Fredda gettava le basi per un mercato globale che oggi è una realtà consolidata. La singolare evoluzione del Computer, che mentre cresce in potenza di calcolo diminuisce di dimensione, incontra i turbamenti dell’Arte attraverso un manipolo di pionieri che, rinfrancati dai gravi dialoghi con la macchina nell’attesa di conoscere risultati di vitale importanza, decidono di usare la stessa lingua per parlare anche di altro, compreso di Arte. La grande separazione settecentesca tra arte e natura ha portato al nuovo paradigma dell’Arte - con la maiuscola - in cui la produzione passa da un lavoro concreto ad un lavoro astratto, il prodotto da oggetto di un lavoro artigianale diventa opera d’arte, il soggetto dell’arte valica i confini dell’imitazione e salta nello sconfinato deserto della creazione, il potere delle immagini investe il mercato globale ed i protagonisti da artisti, scienziati ed artigiani investono nell’essere Artista, mitizzando il proprio nome, nel nome del lavoro concettuale.
La mappa tracciata dalle diverse storie dell’Arte Contemporanea, quella che inizia con Duchamp e Marinetti, rivela un terreno sconnesso costellato da promontori più o meno alti abitati dalle idee di molti artisti ben quotati. La separazione tra arte e natura si acuisce proprio mentre il computer iniziava ad accelerare i processi evolutivi con cambiamenti di paradigma prima decennali, poi annuali ed oggi pressoché quotidiani. Le possibilità di calcolo dei primi cervelli elettronici erano ancora molto limitate e mancavano di interfacce uomo macchina in grado di stimolare una sensibilità artistica apprezzabile. Gli schermi erano piccoli oscilloscopi che se erano stati utili nel monitorare i flussi di elettroni tra i cavi e valvole lo erano molto meno per un utilizzo artistico.
Gli artisti dell’epoca erano coinvolti nel concettualizzare il gesto dell’artista come atto spirituale in cui la gente ritrova frammenti del suo vissuto. In giro per il mondo ci sono gallerie, musei e collezionisti che avviano un processo speculativo sull’opera d’arte concettuale. Personaggi come Leo Castelli e Peggy Guggenaim andranno a disegnare le coordinate di un sistema dell’arte che si diffonde attraverso fiere, mostre e incontri vari. Nei primi quarant’anni di vita del computer, questo nuovo strumento nato sulle ali della Scienza è riuscito ad infiltrarsi in quasi ogni aspetto dell’esistenza umana. La diffusione del computer e la singolare evoluzione in potenza di calcolo e miniaturizzazione hanno spinto diverse generazioni, continuando a farlo, a conoscere, comprendere e programmare questa stupefacente macchina da guerra. Mentre Jackson Polloch inventava l’action painting ed Andy Warol serigrafava volti e barattoli famosi, John Von Neuman faceva funzionare un rudimentale cervello elettronico fatto di cavi e valvole e Federico Faggin pensava a quello che sarebbe stato il primo microprocessore integrato. Erano gli anni Settanta. Steve Jobs pensa ad un computer per la gente, compreso il popolo dell’arte.
La rivoluzione informatica conosce un’accelerazione inarrestabile. Il Computer diventa il media che avrebbe collegato tutte le genti della terra, creato opportunità economiche, allargato i confini della fantasia, ed ovviamente aiutato i militari di guerre con equipaggiamenti sempre più sofisticati, videogiochi compresi.
Tra i giochi ritenuti intellettualmente più stimolanti gli scacchi occupano di sicuro un posto di privilegio. Il Computer impara molto presto a giocare a scacchi fino a battere il campione umano Garry Kasparov. Alle soglie del terzo millennio il computer è capace di volare da solo fin su Marte, di immergersi nelle viscere della terra e nelle profondità degli abissi, di ricordare ogni singola tripletta del genoma umano, di gestire un traffico di informazioni enorme intorno al globo senza la percezione del ritardo, di visualizzare su schermi una realtà sintetica più reale del reale, di comporre musica secondo qualsiasi stile e gusto, di interpretare i comportamenti umani rispondendo con stimoli sensoriali sempre diversi.
Ognuna di queste intelligenze viene travasata nel cervello elettronico secondo sequenze di codice binario che indirizzano i flussi di elettroni attraverso microscopiche porte logiche. L’invenzione del linguaggio macchina era necessaria per realizzare il sogno di Ada Lovelace che aveva intravisto nel motore analitico di Charles Babbage spiragli di universalità. Quando i computer iniziarono a lasciare le sedi governative e le università erano diventati talmente piccoli da occupare completamente una scrivania media. La tastiera ed il mouse sostituiscono la matita, la penna, i colori. Il monitor sostituisce la carta ed il cervello elettronico prova ad adagiarsi in orizzontale o in verticale, sopra o sotto il proprio tavolo.
Gli anni Ottanta portano un cambiamento straordinario nella dimensione del lavoro dovuto principalmente all’insinuarsi del computer su ogni tavolo di un qualsiasi lavoratore. Programmatori compresi. Il Macintosh lanciato sul mercato americano nel 1984, letteralmente parlava al suo acquirente.
Fino a questo punto la Computer Art era cresciuta nei laboratori delle grandi industrie ed università informatiche, unici posti dove era possibile giocare sia con computer in disuso che con i computer di uso futuro. La rapida crescita di industrie costruttrici di microprocessori sempre più veloci ha permesso a chiunque, dall’appassionato alla grande industria, di assemblare un computer seguendo semplici istruzioni di montaggio. La sfida era di comprendere il nuovo strumento ed iniziare a programmarlo secondo una speciale lingua che permette, in un inglese minimo, di chiedere al computer qualunque cosa passo per la testa. Non più soltanto mero strumento di supporto alla guerra ma strumento di supporto alla creatività degli artisti e l’ingegno degli scienziati.
Così come Christo e Long sul finire degli anni Settanta hanno dimostrato che è possibile far esistere l’Arte fuori dal sistema dell’Arte, molti altri artisti si accorgono delle specifiche possibilità del computer di renderizzare in tempo reale paesaggi mentali che fino a quel momento era impossibile immaginare, ambienti infografici in grado di reagire e cambiare in relazione alla presenza umana.
Gli anni Novanta sono avvolti da un clima di tensione e paura che si instaura nel mosaico geopolitico riconfiguratosi dopo la caduta del Muro di Berlino. La realtà arriva attraverso il tubo cadotico che irradia immagini e suoni in praticamente ogni casa del pianeta. L’industria degli strumenti di irradizione di immagini e suoni - monitor, televisori, amplificazione audio - migliora costantemente la qualità e la quantità delle informazioni trasmesse grazie all’utilizzo dei microprocessori. I primi appassionati di informatica potevano collegare il proprio computer all’apparecchio televisivo e tra un programma e l’altro, iniziare a videogiocare, magari dopo aver travasato il codice del videogioco dalla memoria digitale scritta su nastro magnetico a quella del cervello elettronico attiva in micro cellette di silicio.
Miron Krueger propone una Realtà Artificiale che permette di raccontare nuove storie sulla relazione tra l’uomo e la macchina. Il corpo umano nella sua interezza diventa un agente vivo nella nuova realtà simulata dal computer.
Il Computer entra nei teatri con performance stupefacenti, scende in piazza con installazioni interattive, entra nei musei digitalizzando ogni opera d’arte esistente per renderla accessibile a tutti attraverso i primi indirizzi web, infine entra nelle tasche di ognuno di noi con le nuove generazioni di telefoni intelligenti che leggono la posta elettronica per noi e ci avvisano di un nuovo messaggio e ci aiutano nella vita quotidiana in cui la macchina non è più prossima al corpo umano ma inizia ad entrarci dentro. Siamo al punto in cui l’innesto iniziale del ramo dell’Arte sull’albero del Computer genera frutti inattesi. L’incantesimo artistico del computer risiede nell’assonanza concettuale dei nuovi codici di rappresentazione del mondo che nell’Arte si combinano con gli atomi ma nel computer si combinano con i bit d’informazione. I codici di rappresentazione del computer erano conosciuti da pochissime persone che erano matematici, fisici ed ingegneri eppure in mezzo secolo hanno definito un nuovo lessico sociale che ha permeato filosofi ed industriali con la forza dirompente di un virus in una colonia di batteri. In questo libro provo a far emergere un possibile ordine, utile ai fini della didattica, dal caos attivato dalla forza aggregante della Computer Art che retroagisce con le sue stesse forze generatrici dell’evoluzione del cervello elettronico, del sistema dell’arte, dell’inventiva dell’industria e dell’essenza della filosofia.
La metafora dell’albero mi ha aiutato a disegnare la cronologia dei cambiamenti di paradigma dell’informatica, i quali sono diventati la mappa concettuale per innestare i movimenti e le rivoluzioni di arte, industria e filosofia.
Il paradigma della Computer Art analizza l’azione dell’artista, gli obiettivi possibili, la collocazione dell’opera, l’attività dello spettatore e le applicazioni dei nuovi codici informatici. Si assiste al fiorire di nuove arti legate alle opportunità di espressione del sentimento artistico attraverso l’amplificazione del corpo umano con le nuove tecnologie di comunicazione. In molti centri di ricerca il tema dell’Arte con il Computer ha dato vita a termini come nuovi media e arte digitale che animano la speculazione filosofica sulla definizione delle aree di azione dei concetti di media e digitale. Spesso questi concetti diventano delle ombrelle che proteggono sotto insiemi di altri concetti. Intendo qui abbandonare il senso del termine ombrella per la parola innesto perchè più attinente alla dimensione di ricerca dell’evoluzione del computer. \\ Mentre il sistema dell’arte continua a percorrere i sentieri della sensazionalità e dell’iperrealtà tracciati su un sistema sociale metropolitano, gli artisti che si accorgono della libertà di espressione dei nuovi media avviano una rivoluzione senza precedenti che investi tutti i campi della comunicazione umana: l’oralità, la scrittura, la carta, la stampa, la radio, la televisione, la fotografia, il cinema, il teatro, internet, la propria città, la propria stanza, il proprio corpo. Nascono nuove scuole e festival intanto che musei e gallerie delle belle arti si riattrezzano per accogliere le tante sfaccettature della Computer Art che, come i fiori in primavera, sbocciano sul riuscito innesto.
I paradigmi della Computer Art si generano dai nuovi semi (memi) espressi dai codici informatici che si combinano molto presto in procedure eseguibili dal cervello elettronico. La risoluzione di algoritmi fino a quel punto irrisolti per la lentezza di calcolo simbolico del nostro cervello ha aperto la mente a paesaggi geometrici e matematici che si alimentano della sempre maggiore velocità di calcolo simbolico del computer. Il giovane Alan Turing descrive lucidamente la forza di calcolo del computer come in grado di intervenire sul sistema di percezioni dell’umanità in relazione alla macchina che forse può pensare. Il computer ha mostrato subito la capacità di pensare un numero a caso. Questo ha dato vita ad algoritmi che si possono evolvere senza che il programmatore ne possa prevedere la direzione. Il computer può scegliere per sè stesso. La casualità della macchina può essere visualizzata in varie forme geometriche molto care all’arte contemporanea: punti, linee e superfici.
Bisognerà attendere le prime stampanti perchè l’innesto tra arte e computer confermi la sua buona riuscita. Molti attribuiscono la prima esposizione di Computer Art alle opere di Ben Laposky che fotografava lo schermo di un oscilloscopio attivato dalle funzioni d’onda di Lissajous in esecuzione su un primordiale computer. Per far conoscere i propri lavori al pubblico dell’arte occorreva risolvere il problema dell’esposizione. L’invenzione della stampante ha permesso di disegnare su carta i risultati dei nuovi algoritmi casuali e quindi permettere di esporre nei tradizionali spazi dell’arte. Nel giro di un ventennio il computer assorbe (quasi) completamente il mondo della tipografia, ne modifica gli assetti, le procedure e gli obiettivi. Nasce il Digital Graphic Design che oltre alla carta si occupa anche degli effetti possibili sui nuovissimi schermi a colori che dimostrano una caratteristica molto diversa dal tradizionale schermo conosciuto come televisore. Attraverso il mouse e la tastiera, il monitor a colori attiva un corto circuito nella percezione del lavoro creativo. Il computer rende questo sistema interattivo ad una velocità tale da non percepire nessun ritardo. Siamo nel tempo del real time. Concettualmente tutti possono essere degli artisti che creano opere d’arte con il computer. Il problema è che solo in pochi lo sanno programmare veramente. Nasce il mercato delle applicazioni informatiche - software - scritte per facilitare l’utilizzo del computer da parte non più di soli appassionati ma di milioni di persone in ogni parte del mondo. Il mercato si rinforza con le innovazioni introdotte dalle industrie dei componenti - hardware - del computer. Atomi e bits si combinano nel costruire una realtà alternativa accessibile attraverso lo schermo del computer adagiato dietro la finestra di casa o dell’ufficio o di tutti e due.
L’interattività tra due esseri umani è gestita dai raffinati sistemi di comunicazione multisensoriali. L’interattività tra l’uomo e la macchina è gestita da complessi sistemi di analisi della realtà fenomenica, elaborazione di una procedura in tempo reale, scene di rappresentazione ed il raffinato sistema del corpo umano. Le scene di rappresentazione cambiano in relazione al potenziamento dei sensi del computer.
Un televisore a colori ed un computer avviano l’industria dei videogiochi. Un pianoforte ed un computer attivano l’industria della musica elettronica. Una macchina fotografica ed un computer avviano l’industria degli effetti speciali. Un tecnigrafo ed un computer rivoluzionano l’industria delle costruzioni. Una telecamera ed un computer permette a tutti di sentirsi dei registi cinematografici.
I racconti di fantascienza animano fumetti e lungometraggi in cui l’uomo scopre possibili interazioni con la macchina. Il computer che diventa il controllore dell’umanità è stato un tema pressante alla fine del secondo millennio. In un momento in cui la vita metropolitana alimentava l’isolamento, l’individualismo, le (false) libertà di scelta del credo consumistico, la propaganda dei prodotti dell’industria, lo spettacolo dell’arte, i computer seduti sulle scrivanie di milioni di persone intorno al pianeta improvvisamente si possono collegare alla grande rete di internet. Il mondo diventa uno spettacolo dal vivo che si anima sul mio schermo collegato al computer, che è collegato al modem, che è collegato alla rete telefonica, che è collegata al altri modem, che sono collegati ad altri computer, il tutto come i nodi di una fitta rete da pescatori.
Il paradigma del primo decennio del XXI secolo è intriso di una nuova rivoluzione globale che intende riportare le coscienze al livello della bellezza e fragilità del pianeta su cui viviamo da milioni di anni ma che sembra che come mai sia stato trattato così male. Alle riflessioni sul rapporto tra l’uomo e la macchina si apportano aggiustamenti per comprendere il nuovo insieme di relazioni che vede il rapporto complicarsi nella forma di uomo-macchina-macchina-uomo. Il presente diventa improvvisamente trans - post - extra - super - iper - mega ed la condizione di vivere su un pianeta molto grande ma comunque di dimensioni finite scatena nelle nuove generazioni un nuovo senso di responsabilità nei confronti della vita sociale. I nativi digitali sanno che vivere sempre connessi alla grande rete significa poter coltivare le personali passioni, che data la natura umana si aprono sulla miriade di aspetti dell’esistenza che fluiscono lungo il ciclo uomo-macchina-macchina-uomo.
La vera rivoluzione del world wide web consiste nell’aver aggiunto un nuovo livello alla realtà, diventando la nuova frontiera da colonizzare in (piena) libertà. Gli artisti dei primi anni Novanta non rimasero immuni al fascino del web che si irradiava attraverso lo schermo interattivo del computer collegato ad internet. Internet disegna una nuova società della rete cresciuta con le informazioni a portata di mano. La Gioconda dai libri passa negli algoritmi di visualizzazione delle immagini. I punti diventano pixel. I pixel sono bit d’informazione visiva, i bit sono l’informazione minima che può essere rappresentata in qualsiasi forma sensibile. Il web mette in crisi l’industria della musica, del cinema, dei libri ed inghiotte il sistema delle comunicazioni telefoniche, radiofoniche e televisive. L’imperativo del web è trasmettere. Trasmettere passioni di corpi dietro monitor collegati ad altri corpi dietro monitor. Anche la scuola riadatta molte aule per permettere ai giovani studenti di antropizzare con la loro presenta la nuova frontiera digitale.

Edit - History - Print - Recent Changes - Search
Page last modified on December 01, 2012, at 10:20 AM