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Anche la Treccani online si sbaglia a definire la Computer Art

Mentre sto completando la stesura del libro “Computer Art – L’innesto dell’arte sull’albero del computer” che sarà pubblicato il prossimo aprile per OISTROS EDIZIONI, mi accorgo che la definizione di Computer Art data dalla treccani.it è incompleta!
Cito dal sito www.treccani.it

computer art Fenomeno artistico che si avvale del computer come nuovo mezzo espressivo. Sorto negli USA nei primi anni Sessanta, è legato alle trasformazioni e innovazioni prodotte nella cultura dal progresso scientifico. Due grandi mostre, la Cybernetic serendipity (1968, Londra) e la Computer art: on the eve of tomorrow (1969, itinerante dalla Germania al Giappone), hanno fatto conoscere la c.a. al grande pubblico. I grafici prodotti dal computer sono i mezzi con cui possono essere concretizzate le astrazioni delle idee programmate antecedentemente. A ogni formula algebrica corrisponde una forma grafica, permettendo di ottenere infinite variazioni.

Innanzi tutto la Computer Art non è sorta negli USA, ma come fenomeno legato all’evoluzione delle pratiche di costruzione ed uso del seminale cervello elettronico, nasce contemporaneamente in più parti del mondo già negli anni Cinquanta. George Nees è tedesco, Peter Foldes è Ungherese, Bruno Munari è Italiano, Francois Morellet è Francese, Vladimir Bonacic è Croato, Vera Molnar è Ungherese ma si trasferisce a Parigi e poi negli anni Sessanta, Steina e Woody Wasulka sono Islandesi ma si trasferiscono a NewYork, Michael Noll è Americano ma studia con il tedesco George Nees.
Le due grandi mostre “Cybernetic serendipity (1968, Londra) e la Computer art: on the eve of tomorrow (1969, itinerante dalla Germania al Giappone)” sono sicuramente due momenti fondamentali nella definizione della computer art, ma sono il risultato di un lavoro espositivo ed aggregativo iniziato nel 1961 a Zagabria in Croazia e portato avanti fino al 1973 con una mostra annuale sulle “Nuove Tendenze” (che dava il nome alla mostra in originale croato Nove Tendencije), con una pubblicazione dal nome Bit International. Il volume uscito per MIT PRESS nel marzo del 2012 con il titolo “A Little-Know Story about a Movement, a Magazine, and the Computer’s Arrival in Art: New Tendencies and Bit International, 1961-1973” racconta proprio la storia della mostra dimenticata dalla treccani.it

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