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Vajkard, International Workshop of Art and Design

vajkard 2012

Vajkard is an international workshop of art and design held en plein air in Rakov Škocjan. It was established in 2008 by Martin Petrič and his mentor Zdravko Papič. The event is considered to be one of the biggest inter-cultural projects in the Notranjska region. The results of the process are exhibited in Snežnik Castle Museum.

The Future of Coexistence is the theme of the workshop that is going to take place from 23 July through 3 August 2012.

Mission
The mission of the workshop is to make a traditional meeting of people of various ages and from all over the world. The workshop has already been visited by artists from Slovenia, Italy, Hungary, Croatia, Romania, Belgium, Finland, France. The main goal is to bring together professionals and students from different fields of arts, science and crafts to collaborate in various creative projects where they can share their knowledge and experience.
The workshop is ecologically oriented and tries to connect art and nature by encouraging people to include natural materials in their art experiments, make land art and study natural influences. There are also discussions about the specifics of the environment in the Notranjska region led by Matej Kržič and Jošt Stergaršek.
The name of the workshop Vajkard was chosen in honour of Janez Vajkard Valvasor, the Slovene polymath of the 17th century. His dedication to nature and precise methods of exploration are to be followed by the participants of the workshop.

Programme
An important part of the programme is the acclimatisation which refers to the first few days of the workshop which are dedicated to setting the camp, exploring the surroundings and getting to know everyone. Following, the workshop offers opportunities to learn different techniques of artistic expression such as painting, illustration, drawing, sculpture, or pottery. Along with a kiln, the workshop is equipped with lithography, woodcut and linocut tools as well as a darkroom.
Self-initiative is very much encouraged and the participants are free to explore other techniques and ask for advice when needed. Everyone can create freely or listen to the introduction about a certain technique, such as the one for botanical illustration presented by Marija Nabernik. Every day ends with time for socialising, jam sessions, and singing by the fire or an evening concert.

Lectures
In the evening lectures covering the workshop’s annual theme take place. In 2011 the theme was “The Integration of Chaos into Society through the Creative Eye”. Most of the lectures are made by invited artists who present their point of view on the chosen topic or artistic approaches in general. In 2010 Oliver Vodeb presented relational art and in 2011 Alen Ožbolt had a lecture “How Today’s Artists Think and Work”. Peter KoÅ¡trun, Marija Nabernik and Antonio Rollo are regular lecturers and participants of the workshop; in addition to preparing lectures and discussions they are also happy to give individual comments and help participants to conceptually and practically develop their work.

Next Vajkard donate campaign!

vajkard collections 2009 2008

*visit collections

Edison Duraj apre il suo blog

Edison si racconta in video!

http://www.edisonblog.tv/

Open Source Art

Workshop di produzione artistica organizzato da Social Key in collaborazione con Manifatture Knos, AXA e condotto da Maurizio Buttazzo, Silvia Ruggeri e Antonio Rollo.

Obbiettivo del workshop è creare uno spazio di incontro e scambio di idee tra i giovani artisti pugliesi ed una dimensione di laboratorio d’arte in cui si costruiscono oggetti a partire da una riflessione eco-sostenibile su arte e comunicazione.

Il tema generale prende spunto dalla seconda edizione di Ring – grande arena del marketing e della comunicazione – che propone “Next Mediterranean”, ovvero in che maniera guardare al nostro stesso futuro. Pensare ad un arte sostenibile è avere la capacità di reinventare gli scarti che la società contemporanea produce. Creando nuovo valore e nuova comprensione sul momento storico e geografico che stiamo vivendo.

Il workshop della durata di 16 giorni vedrà gli artisti lavorare insieme nella produzione di opere che andranno ad abitare gli spazi del Chiostro di San Domenico nei giorni di Ring, dal 17 al 19 Settembre 2008.

Il workshop ReThink, ReCycle Art è stato basato su un modello di laboratorio creativo orientato allo “stare insieme” e “fare insieme”. Elaborare un pensiero critico e propositivo sul riciclo necessita di una consapevolezza verso la situazione instabile che sta attraversando il pianeta. Produciamo molti più rifiuti di quanti siamo in grado di riciclare. L’ecosistema uomo-natura ha iniziato a perdere equilibrio con la rivoluzione industriale e lo sfruttamento delle risorse naturali. Il modello americano orientato tutto al consumismo ha generato nuovi “non luoghi” come le discariche di ogni genere, dal ferro alla plastica, dalle carcasse di auto a quelle di animali. Zone di passaggio per quegli oggetti prodotti per abitare la nostra quotidianità. Visti tutti insieme diventano, questi materiali deformi, un libro viscerale da leggere come in antichi rituali. La vita e la morte, il ciclo della natura, si mostrano con forza lancinante quando si abitano, anche se poche ore, questi moderni cimiteri.
Ripensare a questi come musei dell’umanità porta ad uno sguardo verso i rifiuti che cerca di catturare le relazioni tra i colori, le trame tra forme informi, pesare la materia, toccare con mano, rimodellare, ridefinire quanto una volta scartato può essere un arte open source. Il codice di questo linguaggio viene prodotto dalla comunità, gli artisti lo ripropongono come esperienza e partecipazione ad un’idea di futuro migliore.
Il gruppo di lavoro del workshop formato da cinque studenti dell’Accademia di Belle Arti di Lecce che hanno seguito i corsi del prof. Antonio Rollo, ha intrapreso un percorso esperienziale sul rapporto oggetto di scarto e nuove espressioni creative. Basandosi su un’idea di serendipity, ovvero la ricerca che prosegue secondo obbiettivi iniziali ma che lascia ampio spazio alla casualità e sorpresa, sono state visitate diverse discariche, grazie alla collaborazione con AXA Lecce, chiesto a locali pubblici di conservare le bottiglie di vetro, trovato in una campagna centinaia di boccioni per i water dispenser. Gli oggetti hanno iniziato a parlare una nuova lingua ed il lavoro collaborativo ha permesso la realizzazione di installazioni e prototipi di recycle art.

Opere in Mostra


My Water
di Francesca Idone
L’acqua, la nascita, la vita sono elementi indiscutibili, sento il Mediterraneo considerato la culla della civiltà occidentale confuso ma che comunque non vuole perdere il suo valore principale, ovvero di unione tra più culture.


Essenze
di Annalisa Benegiamo
Semplicemente un baule verde, un baule dei ricordi, che mi ha immediatamente colpito nel momento del ritrovamento. Quell’odore di naftalina mi ha subito fatto pensare all’idea di antico, di qualcosa di già vissuto. In queste notti mi è capitato di ripensare al lavoro tramite il sogno, un alchemico riciclo di idee che mi hanno portato inconsapevolmente all’idea di fare arte.


Ri-emozioni
di Isabella Fraccascia
La rappresentazione di ciò che si può realizzare con qualcosa che una volta svolta la sua funzione si considera inutile, ma che invece non lo è, perché ritorna a vivere per altro, per rimanere questa volta perennemente viva e fine a se stessa. E’ uno sguardo che va oltre… oltre la quotidianità, oltre il consumismo, oltre la funzione per cui l’oggetto in questione è stato messo al mondo. E’ la messa in pratica di ciò che è possibile ricreare, riutilizzando quei materiali tanto dannosi che lasciamo riposare sulla nostra preziosa terra.


Spostamenti
di Alessandro Mangione
L’assemblamento di alcune parti di un’automobile, soprattutto le parti elettriche, come luci posteriori, anteriori, clacson, ventola e autoradio, facendole funzionare, rimettendole nuovamente in vita. Mi sono soffermato sull’ascolto, su quali suoni possono venir fuori da questa nuova macchina, costruendo un motore sonoro, e sull’interazione dello spettatore che potrà sedersi e interagire con il pasesaggio sonoro in movimento.


Tele-Rotte
di Cristian Cuna
Inseguendo il sogno della navigazione, tra l’orgoglio della tecnologia, nella dissoluzione del vecchio mondo, andiamo verso alla creazione di un “prossimo futuro”. I ponti mediatici gettano le basi per la costruzione di una nuova geografia, e pur seguendo rotte dimenticate e note, sono capaci di regalare linfa nuova al bacino del mediterraneo.


Sapiens-one
di Alessandro Mangione e Davide Di Donfrancesco
Tornano i suoni, le nenie antiche dal Mediterraneo. Tornano i rumori che nei secoli lo hanno popolato. Una tastiera oggi ricompone una armonia-disarmonia umana e digitale cercando di trovare nuovi “accordi”, giocando a schiacciare a piedi nudi, danzando…

Slovenian Scape – Art and Design

Vajkard, international workshop on Art and Design, Rakov Å kocjan (Slovenia) has been a profound and insightful experience into the wonderful nature of Notranjska region. Long trees, deep caves, drops of human history, multicultural mood and new friends are the sourroundings for rethinking art and design.

The vision of nature and the traditional tecniques of print has brougth the workshop to the level of “no energy power” life. An ecological view for the future of art and design.

This is my visual diary of that’s incredible days from 2 to 16 August 2008


Ring – Next Mediterranean – 17.19 Settembre 2008

Rimini Rimini

Andando in giro di notte per Rimini, dove sto accompagnado il Master in Manager dello Spettacolo, dell’Accademia di Belle Arti di Lecce per il SIB 2008, si respira l’aria della bella vita, le luci del grand hotel, le auto di lusso che mi fanno ricordare montecarlo, i locali aperti fino al mattino, le orde di studenti in erba pronti alle prime perdizioni notturne delle discoteche attrezzate in ogni angolo.

Eppure mi diverte passeggiare dove Federico Fellini si lasciava contagiare da bellezza, sogno e un pizzico di follia, proprio come in questa via, che lascia il posto ai Vitelloni cancellando il caro vecchio Mozart.

Ecopolis spring07

Ecco un esempio di concept book che ho realizzato per ecopolis.org
una e-zine di culture digitali su cui sto lavorando da alcuni mesi
con luca barbeni ed ilaria valbonesi, e che vi consiglio di leggere quotidianamente.

Utilizzaremo per il progetto d’esame lo stesso template,
e quindi potremo pubblicare on-line il lavoro che andremo
a sviluppare nelle prossime lezioni.
http://www.ecopolis.org/spring07/

Ci vediamo dal 9 al 13 maggio al sedile per il progetto Europedia

Processi Cognitivi

Il graphic designer si rapporta con la comunicazione come un fiore si rapporta con un insetto.
Il risveglio della natura
Attraverso l’architettura delle informazioni (forme, colori, movimento) traduce in elementi visivi un messaggio che dovrà trasmettersi da un supporto (carta, schermo) alla mente di chi lo guarda. Conoscere i meccanismi della mente è un processo ancora in corso. Scienziati in ogni parte del mondo cercano di svelare i misteri del cervello e della nostra percezione del mondo. Scrive Giuseppe Kanizsa, uno degli psicologi italiani che ha seguito le ricerche sulla Gestalt:

Una scienza della percezione può avere inizio soltanto nel momento in cui ci si chiede perchè e come l’ambiente nel quale viviamo si articola per noi in oggetti distinti uno dall’altro, e perchè esso si articola proprio in quegli oggetti, i quali possiedono proprio quelle date caratteristiche di forma, di colore, di grandezza, di odore, di durezza, che sono posti ad una certa distanza da noi, che si muovono a varie velocità o stanno completamente immobili. [...] L’uomo della strada è probabilmente convinto che gli scienziati abbiano già risolto questi problemi – ma quanto al fatto che nelle singole occasioni vengano registrati quegli oggetti, proprio con quelle caratteristiche, egli non riesce proprio a capire perchè mai si dovrebbe vedere qualcosa d’altro. Questo attegiamento può essere definito come “realismo ingenuo”.

Mentre scrivevo questo articolo sui processi cognitivi è passato a trovarmi mio padre. Il suo realismo ingenuo è un attegiamento naturale, è una persona che si guarda intorno e cerca di scoprire il mondo senza chiedersi il perchè e il come delle cose. Ridiamo un sacco quando stiamo insieme, basta uno sguardo, una situazione che anch’io lascio le redini della ricerca e mi abbandono ad un sano realismo ingenuo.
Gli ho fatto vedere quest’immagine:

Forse farà lo stesso effetto anche a voi appena scoprite che le linee orizzontali sono parallele. Quando gliel’ho fatta vedere e poi svelato che le linee sono effettivamente parallele, basta scorrere con un foglio di carta l’immagine, mio padre ha risposto: “Ho il cervello che funziona bene!” e subito dopo cercava di allontanare dallo schermo la freccetta del mouse credendo fosse una zanzara. Ci stavamo soffocando dal ridere!
Certo, il cervello funziona bene, proprio perchè la nostra percezione contempla l’illusione ottica. Non è certo il compito del designer studiare la fisiologia della visione, ma serve a codificare i messaggi che ci arrivano dall’esterno in modo critico e a utilizzare tecniche e principi della percezione per sviluppare un design che riesca a trasmettere a pieno quello che abbiamo in mente.
Riprediamo Kanizsa e la figura da lui inventata che prende il suo nome.

superfice anomala, G. Kanizsa 1955
Superfice anomala. G. Kanizsa, 1955

Se proviamo a descrivere questa figura probabilmente saremmo tentati dal vedere questa figura come

costituita da un triangolo bianco non trasparente che copre parzialmente tre dischi neri ed un altro triangolo delimitato da un margine nero.

In realtà il triangolo bianco non esiste, è soltanto un fenomeno ottico, si materializza nella nostra mente anche se la figura è effettivamente composta da tre cerchi neri e tre angoli disposti in un particolare ordine. Quello che ci porta a capire come funzionano i processi cognitivi e perchè ci comportiamo in un determinato modo deriva dal fatto che il triangolo bianco non soltanto lo immaginiamo, ma lo vediamo con i nostri occhi. Da questo punto in poi entreremmo nel vasto campo della psicologia di cui ne vedremo alcuni dei risultati e come questi hanno influenzato il design e determinato attraverso il mondo dei media la società delle immagini in cui viviamo.

Quando mi iscrissi alla Facoltà di Scienze dell’Informazione all’Università di Torino due materie su tutte attrassero la mia curiosità. Cibernetica ed Elaborazione delle Immagini. Cibernetica era un corso semestrale tenuto dalla prof.essa Helga Schiff-Sertorio che ci accompagnò alla scoperta delle funzioni biologiche del cervello umano. Ricordo che molto di quando conosciamo sul nostro cervello è frutto di ricerche sul cervello delle api. Come mai? Lei rispose con molta calma, nel suo italiano con accento tedesco, “perchè è più semplice”. Passammo poi allo studio della Bioelettronica ovvero alla modellizzazione matematica di fenomeni come la memoria e la percezione. Attraverso questi modelli è possibile simulare alcuni comportamenti del nostro cervello e quindi studiare nel dettaglio il come e il perchè del funzionamento dei nostri sensi. Furono mesi intensi in cui concetti come quelli di reti neuronali, automi e percezione si modulavano in codice che poteva essere scritto al computer. Oggi a distanza di una decina d’anni vedo intorno a me i frutti di quegli studi che andavano diffondendosi intorno al globo.
E la comunicazione non è stata immune. I cambiementi avvengono! Nel frattempo il prof. Nello Balossino in un piccolo laboratorio di pochi metri quadrati portava avanti i suoi lavori sulla digitalizzazione e l’analisi computerizzata della Sacra Sindone che è custodita nel Duomo della città. Cibernetica ed Elaborazione delle Immagini mi aprirono un nuovo mondo in cui continuare a cercare di capire se l’espressione artistica, ovvero la comunicazione di un messaggio innanzitutto interiore, potesse trovare espressione nel nuovo strumento che ormai stavo finendo di conoscere fin nei minimi dettagli del funzionamento.
In quella prima metà degli anni novanta la società dell’immagine iniziava a correre sempre più in fretta sull’onda della rivoluzione informatica che ormai stava completando il suo deflusso aprendo la strada al mondo della rete. Il computer era diventato ormai uno strumento maturo e offriva a costi relativamente bassi l’accesso ad un ventaglio di applicazioni, ovvero i programmi, che permettevano di scrivere, disegnare e modellare mondi tridimensionali. Mentre seguivo le lezioni di informatica mi dilettavo a scoprire alcune applicazioni che potevano girare sul mio computer. Un personal computer assemblato da me. Lo avevo visto nelle sue componeti pricipali, la famosa architettura di Von Neuman, e vedevo, anzi percepivo, scorrere gli elettroni all’interno di quella città fatta da transistors, resistenze e accumulatori. La metafora con l’idea di un mondo ideale era ovvia. Avevo esperito il malfunzionamento di una piccola resistenza che aveva bloccato l’intero computer, così come quella del bruciarsi del processore. Sapevo che erano due componenti assolutamente con compiti diversi, ma che in realtà concorrevano insieme al funzionamento dell’intero sistema computer elettronico.
Imparai a modellare con un primitivo 3D Studio nella sua prima versione e vi propongo questi rendering. Sono immagini sintetiche, immagini che erano inizialmente nella mia mente e che attraverso il computer prendevano vita. Quell’illusione di costruire nuovi oggetti è divenata la mia professione di designer, artista e teorico dei nuovi media.

La percezione che stavo vivendo un momento storico importante era molto forte. Riflettevo sul nuovo strumento di comunicazione in relazione alle leggi che parallelamente studiavo all’Università. La ricerca era incentrata proprio sulle caratteristiche intrinseche della comunicazione visiva. La città di Torino mi appariva come New York, anche se concentrata nella sola via Roma, e mentre Fred Buscaglione rimandava ai locali jazz d’oltreoceano mettevo a confronto le teorie matematiche della comunicazione con quanto il mondo del design e della pubblicità iniziava a produrre a ciclo continuo. Se vi ricordate si parlava di ‘bombardamento di immagini’. La teoria matematica della comunicazione di Cloude Shannon è stato scritto nel 1948 ed oltre a fornire un metodo per misurare la quantità di informazione attraverso la notazione logaritmica ci lascia con delle affermazioni che appaiono ancora valide in termini di rapporto uomo-informazione.

La comunicazione è tale solo ove vi sia un passaggio di informazioni tra emittente e ricevente e una risposta.
A Mathematical Theory of Communication by Claude E. Shannon, 1948

Per Shannon è importante che vi sia un feedback, segnale di ritorno, dal ricevente all’emittente, che serve a verificare che il messaggio sia arrivato a destinazione. Il feedback consente all’emittente di verificare l’intenzionalità del ricevente a recepire il messaggio, ai fini di prevedere il seguito che potrà avere la comunicazione. Per chi volesse approfondire l’argomento matematico qui c’è il link per scaricarsi l’originale di Shannon.

Erano gli anni in cui al bombardamento di immagini televisive si affacciava un nuovo mondo che prendeva forma intorno all’invenzione di Tim Berners Lee del world wide web, un internet più semplice, un internet più accessibile. Si parlava anche di virtuale, ovvero di quello spazio mentale che si crea quando facciamo una telefonata oppure quando indossiamo un visore 3d. Ma non basta, la realtà virtuale diventava uno spazio abitabile e oggi assistiamo infatti a fenomeni come SecondLife. Ma è solo la punta di un icesberg che affonda le sue radici nel mare magnum di villagio globale, per dirla alla MacLuan, che unisce persone in tutto il mondo.

La percezione del virtuale è qualcosa di sottile, che si accende da qualche parte nel cervello, forse sono i neuroni mirror che oggi sembrano spiegare biologicamente la teoria informatica della comunicazione. Ecco come ne parla il suo scopritore il prof. Giacomo Rizzolatti dell’Università di Parma.

E’ possibile una teoria neuronale della conoscenza?
Il problema di come conosciamo è stato per secoli un problema esclusivamente filosofico. Le neuroscienze in genere o non affrontavano il problema o accettavano implicitamente una posizione empirista. Il cervello è una “tabula rasa”. Stimoli arrivano dal mondo esterno, le informazioni relative vengono organizzate, certe regolarità notate ed infine, quasi miracolosamente, il mondo esterno e gli eventi che in esso accadono acquistano un senso. In questi anni le cose sono cambiate. Le neuroscienze hanno sviluppato una serie di tecniche che appaiono essere in grado di affrontare problemi classicamente di pertinenza della filosofia. Questo sarà il tema generale della conferenza. In particolare verrà affrontato un problema cruciale: come facciamo a capire gli altri? Se vedo una ragazza che mangia una mela, come so che cosa sta facendo e, andando più a fondo, come faccio a capire le sue intenzioni, il perchè della sua azione? Eppure il problema può essere affrontato sia negli animali, usando tecniche che arrivano a livello cellulare, che nell’uomo con le nuove tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale. Esperimenti condotti in questi anni hanno portato alla scoperta di un sorprendente tipo di neuroni che può fare da tramite tra il sè e gli altri: i neuroni specchio (“mirror neurons”). Questi neuroni, scoperti nella scimmia, hanno una duplice proprietà. Da una parte si attivano quando la scimmia compie una azione, ad esempio prende un oggetto; dall’altra si attivano in maniera simile quando la scimmia vede un altro individuo, un’altra scimmia o un uomo, fare la stessa azione. Un’azione fatta da un altro fa “risuonare” nell’interno di chi osserva l’azione i neuroni che si attiverebbero se lui stesso facesse quell’azione. Nell’uomo il sistema “mirror” è stato dimostrato in maniera indiretta, mediante varie tecniche. Il sistema appare comprendere molteplici aree cerebrali, incluse le aree del linguaggio, ed intervenire, oltre che nella comprensione delle azioni, anche nella capacità di imitare, una capacità che in senso proprio appartiene solo all’uomo ed ai primati superiori. Le conseguenze di questi dati sono molteplici. Tra queste alcune sono particolarmente importanti. Primo, per comprendere gli altri dobbiamo prima creare delle conoscenze interne, degli “a priori” legati, come voleva già Helmoltz, al sistema motorio, il sistema che “verifica” le nostre conoscenze. Secondo, tra noi e gli altri c’è un legame empatico. Gli altri entrano continuamente in noi con il loro agire. Cio’ sia in caso di azioni “fredde”, prive di valenza emotiva, ma anche (gli esperimenti su questo punto sono però scarsi) anche per azioni emotivamente “calde”. Terzo, ogni analogia tra cervello e computer, come spesso si sostiene, cade non solo per le differenze di funzionamento, ma per la logica intrinseca del cervello che è strettamente legato al mondo esterno ed agli altri. Infine il sorprendente legame tra il nostro agire e quello degli altri potrebbe essere alla base del comportamento altruistico, come recentemente suggerito da Changeux, e rappresentare la base naturale, biologica del comportamento etico.
Giacomo Rizzolatti, 2000

Il designer del terzo millennio non può prescindere da un comportamento etico. Da un etica della comunicazione. Il problema è che credo che l’etica sia un qualcosa di cui non si debba parlare molto ma va espressa attraverso il fare giornaliero e nella capacità di esprimere pensieri che contemplino un rapporto ecologico con se stessi e con gli altri.
La scoperta della percezione è un processo di meraviglia che naviga su canali in cui l’energia con cui ci si rapporta con il mondo è spesso messa in crisi, ma sono convinto, come dice il prof. Carlo Infante, che dalla crisi può emergere un nuovo passo evolutivo.
Ritornando alla metà degli anni novanta ecco una riflessione sui nascenti spazi virtuali in rapporto alla funzione che stavano assumento le maggiori città nel mondo. Vi ricordo che in quegli anni la popolazione umana era in piena accelerazione e il grafico qui riportato fa vedere come si corresse verso i sei miliardi di abitanti della terra.


fonte: http://www.starch.dk/isi/energy/population.htm

La rivoluzione industriale è stata subito seguita da un’impressionante incremento demografico delle città, da un drenaggio umano delle campagne a profitto di uno sviluppo urbano senza precedenti. L’industria si insedia nei sobborghi, le classi operaie si riversano in periferia e la città cessa di essere un’entità spaziale ben delimitata. Si ha un’espansione non regolata e nasce il desiderio di dare un’organizzazione della spazio urbano. Tutto ciò che è visto come disordine richiama alla sua antitesi, l’ordine. A questo pseudodisordine della città industriale, si vedranno opporre delle proposte di organizzazione urbana liberamente costruite attraverso una riflessione che si sviluppa nell’immaginazione. Non potendo dare una dimensione pratica alla sua interpretazione della società, il pensiero si rifugia nella dimensione dell’utopia.
A lungo si è guardato all’utopia come ad un filone di pensiero che faceva un uso attento e liberante della speranza, all’homo utopicus come ad un profeta del futuro. “Un mappamondo -ha scritto Oscar Wilde- che non includa Utopia non merita neppure uno sguardo, poiché lascia fuori l’unico paese che l’umanità ha sempre avuto come approdo; e quando l’umanità vi approda, spinge lo sguardo e, scorgendo un paese ancora migliore, alza le vele”.
La metropoli, oggi, è un agglomerato urbano in cui la carenza di spazio in senso orizzontale ha portato ad uno sviluppo in verticale, caratteristica fondamentale è la fretta, la paura che il tempo possa finire; anche questo ha influenzato uno sviluppo verso l’alto, in questo modo si accorciano le distanze e vengono a ridursi i tempi morti dovuti al trasporto. Tutto ciò ha portato ad un limitato contatto umano, ad un’interazione col prossimo, la parola sta perdendo sempre più la sua funzione comunicativa, in quanto si delega il compito dell’informazione al computer oppure ad altri media.
Nascono così delle “comunità virtuali”, che si sviluppano intorno alla più grande metropoli, costituita da uomini e macchine, del mondo: INTERNET. Il successo delle comunità virtuali conferma una necessità latente di darsi un’immagine diversa di se stessi, di partecipare ad un teatro generalizzato. I progetti di comunità virtuali come “Virtual City” di Carl Loeffler prevedono esplicitamente la possibilità di prendere in prestito apparenze di cloni tridimensionali (avatar).
Bisogna riflettere sulle conseguenze che la diffusione di queste tecniche di clonazione avrà sul nostro sguardo di fronte agli altri e a se stessi. Cosa può diventare il nostro sguardo quando si deve supporre a priori che sia stato soggetto a manipolazioni numeriche prima di essere messo sulla rete? Si cercherà di ingannare la nostra vigilanza con tutti i mezzi, dotando i cloni di numerose finezze, ma lo sguardo non è una questione di texture o di animazione. Lo sguardo è prima di tutto intenzione, attenzione, testimonianza di una volontà, di un desiderio.
Vi è quindi una sorta di resistenza da parte dell’uomo verso la macchina, lo sguardo implica la presenza corporea e quindi una comunicazione tramite la parola, uno scambio di opinioni, di emozioni.
Abbiamo sintetizzato quanto detto sinora in una sorta di metropoli ideale in cui è necessaria la presenza fisica di ogni elemento ed un continuo scambio di messaggi affinché si abbia un corretto funzionamento, dando ad ogni componente un uguale importanza in quanto indispensabile per la vita della stessa. Il tutto è sviluppato in un piano razionale cercando di ottimizzare sempre al meglio lo spazio per un migliore controllo ed una maggiore possibilità di comunicare.
La scheda madre (mother board) di un computer è tutto questo, forse abbiamo dato vita ad una nuova idea utopica, comunque crediamo che una metropoli possa essere allo stesso tempo un ammasso di cemento ma anche un posto in cui l’uomo possa parlare e vincere così quel muro dell’alienazione nella massa che tanto affligge il nostro tempo.
Antonio Rollo, 1994


Metropolis - Antonio Rollo (ANDA) - 1994


Metropolis - Antonio Rollo (ANDA) - 1994


Metropolis - Antonio Rollo (ANDA) - 1994

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